L’uomo ritratto in foto con il sottoscritto è il protagonista della storia di oggi. Si chiama Marco, barman quarantenne di Roma, e ha una malattia autoimmune rara. Il morbo di Addison, infatti, è abbastanza difficile da diagnosticare, soprattutto se non si ha il giusto approccio nei confronti di un caso sui generis come sicuramente è quello di cui sto per parlarti.
Il calvario di Marco comincia oltre cinque anni fa: dolori allo stomaco, disturbi intestinali gravi, vomito biliare e febbre alta. La “cura” ricorrente? Plasil e palliativi a base di paracetamolo. Costantemente costretto ad abbandonare il lavoro per recarsi al Pronto Soccorso, finisce per perderlo. Ne conseguono danno economico e blackout emotivo.
Uno degli specialisti presso cui è in cura consiglia una colecistectomia, ma si rivelerà anch’essa infruttuosa. L’asportazione di un organo non è un intervento chirurgico di poco conto, possibile sia stata imposta per fare un test su un essere umano, con tutta la presunzione del caso?
È in questo momento che alcuni medici cominciano ad avanzare l’ipotesi che possa trattarsi di un disturbo psicosomatico. Marco finisce in cura da uno psicologo. Lo specialista prende subito atto della sua assoluta lucidità e della sua determinazione nell’andare a fondo del problema e risalire la china.
Nonostante la sua tempra morale, il caso di Marco sembra davvero un tunnel senza via d’uscita. Un’insufficienza delle ghiandole surrenali curata con massicce dosi di cortisone lo debilita al punto da fargli perdere quasi ogni speranza. È in ospedale debole, inappetente e stremato. Quando tutto sembra compromesso, uno specializzando (!!!) riesce laddove specialisti di ben più alto lignaggio hanno fallito, frapponendosi tra lui e la morte diagnosticandogli il morbo di Addison.
Il sistema immunitario di Marco non riconosce le ghiandole surrenali e le attacca. Ad attirare l’attenzione dello specializzando i valori del potassio (altissimo) e del sodio (molto basso), supportati da un esame specifico dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH), che misura i livelli di cortisolo nel sangue.
Trovare i giusti dosaggi per una cura di glucorticoidi e idrocortisone come quella di cui ha bisogno Marco per vivere non è semplice. Servono anni di test e monitoraggio perché il tutto varia a seconda del caso in essere e delle risposte dell’organismo.
Ma adesso possiamo dire che, grazie ad un angelo che gliel’ha salvata, Marco è tornato a vivere una vita quasi normale, con una fede saldissima in Dio.
Diciotto ricoveri, tre interventi chirurgici e svariate decine di esami e visite specialistiche: questa storia deve far riflettere. I medici possono salvare vite ma, con negligenza ed errori reiterati, possono anche invalidarle o stroncarle. La vita umana non deve essere trattata come una pratica da sbrigare. É un bene prezioso da tutelare e, per saperlo fare come giuramento d’Ippocrate comanda, c’è bisogno di cuore, passione e voglia di vivere la propria professione come una missione.