La pandemia sta mettendo in risalto falle situate in più punti del nostro tessuto socio-culturale. Lo stress del settore medico-sanitario, i continui tentennamenti delle istituzioni, le criticità di natura economica stanno minando un equilibrio già di per sé fragile prima del 2020.
Ma oltre a tutti questi aspetti, più o meno oggettivabili, negli ultimi due anni si segnala una pletora di casi in cui ad essere fortemente calpestato è stato il valore dell’umanità.
Caso emblematico dell’iperbole di estremizzazioni in cui siamo nostro malgrado incappati, l’episodio riguardante una donna incinta che, lo scorso venerdì, è stata vittima di un aborto spontaneo nel parcheggio della clinica San Pietro di Sassari.
La ragazza si è recata al pronto soccorso lamentando perdite e forti dolori di pancia. Giunta in accettazione, le è stato negato l’accesso alla clinica perché non provvista di tampone molecolare eseguito da 48 ore. Insieme al marito ha abbandonato la struttura ma, avvicinandosi all’automobile, si è accasciata al suolo in preda a fitte lancinanti e a un’emorragia, perdendo il bambino.
Per chiarire, parliamo di una donna vaccinata con due dosi.
“So benissimo che queste cose durante il primo mese possono capitare” ha dichiarato la vittima al quotidiano locale La Nuova Sardegna “E non voglio dire che una visita avrebbe potuto cambiare il destino. Ma io mi sento profondamente triste e arrabbiata, perché ciò che mi è mancata è stata la comprensione umana. Mi sono sentita messa da parte”
È ipotizzabile che la gravidanza fosse ormai compromessa, come confermato dal primario di ginecologia del San Pietro. Il quale ha aggiunto: “Un cluster interno sarebbe un disastro, dobbiamo proteggere le altre donne ricoverate in attesa di partorire. Per questo i casi più semplici, in assenza di un tampone, cerchiamo di risolverli nel pre-triage. Vorremmo poter visitare tutti come prima, ma dobbiamo preservare il reparto. Nei giorni scorsi, grazie allo screening molecolare preventivo, siamo riusciti a intercettare otto donne positive. E le abbiamo potute gestire nella nostra area Covid. Ci dispiace davvero per quello che poi è accaduto alla paziente.”
È proprio il caso di dirlo, viviamo in tempi duri.