Abbiamo cominciato questa settimana con una disamina relativa agli introiti fatti registrare dalle strutture ospedaliere alle prese con pazienti Covid. La riflessione è terminata con uno sguardo alle cifre pubblicate in Gazzetta Ufficiale. Di 3.713 € risultano le maggiorazioni previste in caso di malato di Covid per i ricoveri in area medica, di 9.697 € per i ricoveri in terapia intensiva.
Se questi rimborsi servono a coprire le maggiori spese generate dal trattamento dei malati di Covid, come si materializzano i guadagni?
Se una struttura ospedaliera scopre che uno dei suoi degenti è malato di Covid, l’intero soggiorno ospedaliero del paziente viene economicamente riconosciuto come trattamento Covid.
L’articolo 2 comma 1 della Determinazione dell’incremento tariffario massimo di riferimento per le prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti a pazienti affetti da COVID-19 recita testualmente:
“Le prestazioni di ricovero per acuti a pazienti affetti da COVID-19, indipendentemente dal codice DRG della dimissione finale, sono remunerate maggiorando l’ordinaria remunerazione di cui al decreto ministeriale 18 ottobre 2012 con l’incremento tariffario di cui al comma 2 del presente articolo”
Prosegue poi, al comma 3: “In caso di trasferimento del paziente in reparti diversi di una stessa struttura di ricovero, l’incremento tariffario è riconosciuto una sola volta con riferimento all’intero episodio di cura ospedaliero. L’incremento tariffario si applica ai soli ricoveri in cui il paziente sia risultato positivo al tampone effettuato per la ricerca del virus SARS-COV-2, così come verificato dall’Istituto Superiore di Sanità.”
In poche parole non solo viene incassato un cospicuo bonus finale, ma l’intera degenza viene catalogata come Covid.
Per cambiare tabella economica quindi, basta un tampone positivo emerso durante la permanenza in struttura. È abbastanza evidente che questo possa generare più di qualche movimento sospetto. Con interessamento degli ingenti flussi di denaro pubblico che in questo momento storico stanno corroborando le strutture.
Le ombre sulla gestione dei ricoveri potrebbero essere diramate da un organo terzo, imparziale, chiamato, tardivamente ahinoi, a vigilare sull’effettiva natura delle degenze.
Il servizio Rai da cui ho preso spunto per questa riflessione in due atti, si conclude con l’intervista ad un membro del personale sanitario di un ospedale laziale. Egli dichiara di aver subito pressioni da parte dei suoi direttori sanitari per truccare il contenuto delle cartelle cliniche e alterare i referti. Tamponi negativi sono così diventati positivi, casi sospetti sono così diventati presto casi Covid. Il finale, decisamente amaro, “…per l’ospedale su 10 morti 7 lo sono di Covid, è già deciso!”