La positività al Covid-19 che nelle scorse settimane ha coinvolto il Presidente del Consiglio Mario Draghi si è rivelata un’occasione interessante, anche alla luce delle mai preoccupanti condizioni di salute del Premier, per constatare la goffa incoerenza delle autorità sanitarie sul tema cure.
Ricordate la “terapia Speranza”? Tachipirina e vigile attesa. Linee guida efficaci quanto una preghiera, sconfessate dalla comunità scientifica ma stampate a caratteri cubitali nei protocolli ufficiali italiani. Ebbene, data la premessa, è facile intuire che i protocolli non siano da prendere seriamente in considerazione quando ad essere coinvolta è un’alta carica dello Stato. E così è accaduto con il Premier, asintomatico.
Negli scorsi giorni Fabrizio Pregliasco, Direttore Sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, ha dichiarato a Rai Radio1, ospite della trasmissione “Un Giorno da Pecora” che è probabile che Draghi abbia contratto Omicron 3. Durante la diretta ha consigliato al Presidente una cura a base di antinfiammatori, da assumere due volte al dì, unitamente a sette giorni di isolamento.
Antinfiammatori che appena l’inverno scorso sembravano rappresentare il male assoluto, banditi dal protocollo Speranza e causa di sospensioni e radiazioni per i medici beccati a prescriverli. Coerenza, dicevo…
E il vaccino?
“Il vaccino” riprendendo ancora l’intervento di Pregliasco “è efficace sulle forme gravi mentre la copertura ha qualche riduzione nell’arco dei mesi, tanto che neanche la guarigione garantisce protezione a vita”. Ti propongo qui in chiosa la mia riflessione: se con tre dosi di vaccino un soggetto asintomatico ha comunque bisogno di prendere antinfiammatori per scongiurare un peggioramento del proprio stato di salute, l’unica certezza è la confusione.