La pandemia in corso sembrerebbe averci insegnato davvero molto. Una delle primissime lezioni che abbiamo imparato è che la Sanità è sacra. È un’istituzione fondamentale perché ad essa è affidata la cosa più importante in nostro possesso, la nostra salute. E quindi ci siamo subiti per mesi interventi di politicanti contriti: “Le scelte infelici del passato non saranno ripetute, la Sanità tornerà ad essere una priorità per il Paese! Investimenti…mai più tagli…!”
Belle parole. E arriviamo subito ad oggi. La campagna vaccinale ci permette di respirare e il peggio sembrerebbe essere ormai alle spalle. Quale miglior momento per redigere nero su bianco una Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza in cui si annuncia che per i prossimi due anni sarà previsto un taglio di 6 miliardi di euro alla Sanità Italiana?
Testualmente la Nota recita: “nel biennio 2022 – 2023 la spesa sanitaria a legislazione vigente calerà del -2,3 per cento medio annuo per via dei minori oneri connessi alla gestione dell’emergenza epidemiologica…a fine periodo è prevista una crescita limitata, dello 0,7 per cento, ed il ritorno ad un livello del 6,1 per cento del PIL”.
Che mi aspettassi un risvolto simile è documentato in uno dei primi articoli di questo blog. Passata la paura si torna alle care vecchie abitudini. Tagliamo lì dove non si nota.
Il governo Draghi, conclamato governo di rottura rispetto al passato, presenta quindi quest’elemento di comunione con le gestioni precedenti. Partendo dai 129 miliardi spesi per la Sanità pubblica nel 2021, l’esborso passerà a 125 miliardi nel 2022 e, inesorabilmente a 123 miliardi nel 2023. La linea è tracciata.
Quindi viene naturale pensare che ci si ricordi della salute pubblica soltanto quando c’è da ordinare chiusure, obblighi, restrizioni, Green Pass, etc. Che ne è della stessa salute quando c’è da stanziare risorse economiche per risollevare le sorti di un comparto progressivamente indebolito nel tempo, quando semplicemente c’è da salvare vite umane investendo in strutture, macchinari e posti letto, quando c’è da progettare un futuro migliore?